Ebbene sì: provate a chiedere a una persona qualunque chi è John Coltrane, vi risponderà certamente la prima cosa che le salta in mente o semplicemente che non ne ha la minima idea; fate poi la stessa domanda a un musicista o appassionato di jazz, vi risponderà che John William Coltrane (23 Settembre 1926-17 Luglio 1967) è uno degli dei dell’Olimpo musicale e jazzistico.
Intelligenza suprema, carattere riservato e riflessivo, appassionato alla letteratura, alla poesia, alle culture orientali, che rientreranno nella sua musica negli anni ’60; credente, prova a cantare a 8 anni nel coro della chiesa ma, siccome stonato, insicuro e timido, viene cacciato. A 13 anni entra come clarinettista nella banda dei boy scout e al liceo inizia a suonare il sax contralto; tra il ’48 e il ’51, dopo aver passato tre anni alle Hawaii a suonare il clarinetto nella banda militare della Marina, suona il sax contralto tra New York e Philadelphia in diversi gruppi e orchestre, tra cui il gruppo dei fratelli Heath e l’orchestra di Dizzy Gillespie.
Ma è nel ’52 che il genio incontra il suo mezzo espressivo, inizia a suonare il sax tenore dopo che l’orchestra di Gillespie diventa settetto e nel ’55 arriva colui che con un’equazione matematica si può definire così: John Coltrane sta al sax tenore come Miles Davis sta alla tromba. Ed è proprio così: tutti e due alla ricerca interiore ed estetica di nuove soluzioni armoniche, nuove sonorità e nuovi modi di fare e pensare la musica.
Con Miles, Coltrane ha preso il treno, quel treno che lo farà viaggiare verso la sua arte, il suo modo di improvvisare, di comprendere e creare musica, di penetrare e scavare dentro l’armonia e la melodia di ogni brano; quel treno che è anche il suo sound, la sua voce, il suo urlo (“Trane” veniva soprannominato, per assonanza con la parola inglese train: il treno).
Coltrane sarà sempre, tutta la sua vita, in ricerca, in viaggio nel suo modernissimo treno:
« Non so esattamente ciò che sto cercando, qualcosa che non è stato ancora suonato. Non so che cosa è. So che lo sentirò nel momento in cui me ne impossesserò, ma anche allora continuerò a cercare. »
(citazione riportata da Frank Kofsky nelle note di copertina scritte per l’album The John Coltrane Quartet Plays).
E sarà proprio questo treno che gli farà incidere album che diventano presto delle “Milestones” della storia della musica: con Miles incide Kind of Blue, con il quale fonda la musica modale, e nello stesso anno estrae uno dei suoi dischi più famosi: Giant Steps, disco innovativo che ha il carattere della crescita artistica: in quegli anni John stava facendo passi da gigante nello studio e nella ricerca musicale, passi da gigante che spiega nel famosissimo brano omonimo che apre il disco, in cui deve affrontare dei salti armonici complessi, insomma: da giganti!
Trane, il Siddharta della musica jazz, il guru, l’asceta e, come dice Luca Losito nel documentario dedicato alla sua vita, un genio in bilico: “Il suo dio: la ricerca, lo studio, la curiosità. Il suo diavolo: l’eroina”, diavolo che gli ha causato molti problemi relazionali e psichici tra gli anni ’50 e i primi ’60.
Con le sue opere Trane ha esplorato e fatto uscire una parte di noi fino ad allora poco esplorata: lo spirito umano, ed è questo che ha cambiato nella nostra società, in un periodo di profondi cambiamenti sociali e, quindi, anche artistici e musicali. Coltrane ha esplorato se stesso e la società.
Ci ha parlato lì, in quegli anni ’50 e ’60, prima e dopo la sua conversione e purificazione dalla droga, anni della segregazione razziale dei neri negli USA, anni dei ghetti, anni figli del Ku Klux Klan dei primi 40 anni del ‘900; ci ha parlato nei ’60 con il free jazz, urlo di liberazione dalla segregazione e urlo di libertà con dischi che fanno fluire la sua essenza di asceta e guru: Ascension, Interstellar Space e soprattutto A Love Supreme, una dichiarazione d’amore, una preghiera di ringraziamento a Dio per la sua guarigione e una preghiera per ciò che voleva comunicarci con la sua musica: essere tutti uniti.
È qua che Trane ci vuole portare, è qua che la sua riservatezza, pacatezza e il suo genio interiore si riversano nella società; tramite la sua musica e l’amore che questa vuole esprimere voleva cambiare il mondo, rendendo unite tutte le genti, con il suo sound che presto si colora di tinte orientali, pur tenendo le caratteristiche della musica occidentale, e A Love Supreme ne è un chiaro esempio; e in parte si può dire che a unire il mondo, perlomeno quella parte di mondo che lo conosce, quel mondo musicale che appartiene agli appassionati e musicisti di jazz, tramite la musica ce l’ha fatta, perlomeno mettendoci d’accordo sul fatto che Coltrane rimane un vero e proprio “santo” della musica, come lui stesso ci ha dichiarato di voler diventare.
Mattia Fabris
studente HND in Music